“Imparare Divertendosi”: Quarta Regola
13/10/2023“Team Working”: Sesta Regola
18/10/2023Learn by Doing: fare è meglio che non fare!
Continuiamo il nostro viaggio attraverso le 10 regole concentrandoci ora sulla quinta regola, “Learn by Doing”, ovvero imparare facendo. Questa regola incarna il concetto che l’apprendimento non dovrebbe essere passivo ma coinvolgente, pratico e ricco di autonomia decisionale.
Essere Protagonisti Attivi dell’Apprendimento
La quinta regola ci insegna che per imparare davvero, dobbiamo essere i protagonisti attivi dell’esperienza educativa. Invece di sederci passivamente in una lezione teorica, dovremmo sporcarci le mani e sperimentare. Questo coinvolge la mente in modo profondo, poiché l’azione è un potente motore educativo, ricco di stimoli sensoriali pronti a rendere memorabile il ricordo che il cervello immagazzinerà.
L’Importanza della Pratica Prima della Teoria
Prima impariamo teoria e formule, poi forse facciamo qualche esperimento per verificarle. In qualche modo abbiamo tutti vissuto questo credo educativo sulla nostra pelle. Ma è davvero così che funziona la nostra comprensione della realtà?
Spesso ci illudiamo che sia così, ma è vero l’esatto contrario: il nostro cervello prima elabora gli effetti di un evento esterno, e successivamente ne deduce le cause. Senza questa fondamentale elaborazione degli effetti, non saremmo in grado di risalire alle cause. Per convincerti di questo, prova immergerti in questo esperimento mentale. Immagina di aver trascorso tutta la tua vita – dalla tua nascita fino ad ora – all’interno di una stanza buia, senza suoni, odori, oggetti, e possibilità di avere esperienze tattili o gustative.
Per assurdo ipotizza che tu comunque sappia formulare pensieri in una qualche lingua (senza però riuscire a parlare): come immagineresti il mondo? Riusciresti davvero ad immaginarlo? Ad avere un’idea mentale di una qualsiasi cosa reale o “non reale”?
Ora probabilmente ti sarà più chiaro che è ciò di più concreto – tutti gli stimoli sensoriali esterni che ci colpiscono – che dà inizio al nostro processo di reale esplorazione del mondo, dalla quale poi conseguono le nostre più astratte immaginazioni e teorie.
E se nel nostro processo di comprensione della realtà, prima abbiamo necessità di osservare ciò che capita e solo dopo riusciamo a trasformare quell’osservazione in leggi di natura e teorie scientifiche universali, ha davvero senso usare un approccio diverso in ambito educativo?
La nostra fantasia e la nostra immaginazione sono tra le caratteristiche più straordinarie della nostra specie, ma spesso non ci rendiamo conto di quanto queste siano profondamente collegate alle nostre esperienze sensoriali e all’ecosistema nel quale siamo immersi. Dare precedenza alla Pratica rispetto alla Teoria per noi significa anche questo, ovvero riconnettersi con la nostra naturale capacità di trasformare informazioni provenienti dall’esterno in mondi e realtà immaginati che trascendono la stessa realtà. Se però quelle stesse informazioni ci risultano troppo teoriche, lontane e astratte – e quindi stimoli privi di un vero significato – allora il nostro cervello non sarà in grado di immagazzinarle per rielaborarle, le etichetterà come “inutili” e le smaltirà il prima possibile.
Pratica per noi però non significa solo osservazione, ma anche e soprattutto azione. Mettere le mani in pasta non fa altro che arricchire di stimoli sensoriali significativi l’esperienza di apprendimento. Il cervello ringrazia per questo: tanto più un’esperienza è ricca di dettagli eterogenei (tanti stimoli diversi sono meglio di un singolo stimolo ripetuto più volte), tanto meglio il ricordo di quella esperienza sarà fissato nella memoria. Se poi quell’esperienza ci riguarda in prima persona, allora il cervello è proprio messo sotto scacco: non può far altro che arrendersi, concedere a quell’esperienza tutta la sua attenzione ed infine…apprendere!
Learn by doing nelle attività di OFpassiON
Cosa facciamo noi nella pratica per applicare questa regola?
Per esempio, inizialmente mostriamo un esperimento affascinante che cattura l’attenzione e suscita l’interesse dei Dreamer: in questo modo creiamo una connessione naturale ed emotiva con il soggetto dell’apprendimento, dando il via “all’elaborazione degli stimoli” di cui parlavamo prima. Tutti i recettori dei Dreamer si sono attivati, il primo passo è quindi compiuto. Una volta incuriositi, I Dreamer sono intrinsecamente motivati a ricercare le cause (il loro cervello inizia a generare ipotesi e spiegazioni) perché l’oggetto della loro analisi ora ha una storia “sensoriale” completa – fatta di colori, rumori, odori, sensazioni tattili, gusti – pronta per essere indagata come solo il più minuzioso dei detective saprebbe fare. Ora i Dreamer non vedono l’ora di poter replicare l’esperimento, e noi diamo loro tutti gli strumenti e le indicazioni per farlo: ancora una volta, eccoli protagonisti in prima persona dell’esperienza educativa. L’esperimento diventa così bagaglio di conoscenza personale e motivo di confronto aperto con gli altri.
“Funziona davvero!”, “Tutti hanno ottenuto il mio stesso risultato?”
E’ solo a questo punto che fa capolino la Teoria, che funge da anello di congiunzione tra l’esperimento e le impressioni che i Dreamer hanno su di esso: la Teoria offre la risposta alle inferenze dei Dreamer, risultando così non un’informazione come tante altre, ma una determinante chiave di volta nel processo di comprensione dell’episodio appena vissuto. Partendo dalle impressioni dei Dreamer, i Mentor costruiscono insieme a loro la spiegazione dell’esperimento, per arrivare infine ad ottenere una versione finale della “teoria” che integri i contributi di tutti i partecipanti.
Stimoli, coinvolgimento personale ed infine sintesi dell’intero processo: e così che l’associazione mentale esperimento (pratica) – spiegazione (teoria) è pronta a consolidarsi, senza grossi sforzi, nella memoria dei Dreamer.
Giocare = Fare, Fare = Creare
La capacità di creare è una diretta conseguenza del fare. Nei momenti di gioco libero, Invece di limitarci all’utilizzo di giochi commerciali preconfezionati, incoraggiamo costantemente il gioco destrutturato. Questo significa dare ai Dreamers la libertà di esplorare e di creare senza regole rigide.
La fantasia così guida l’esperienza di apprendimento anche nei momenti che sembrano solo un puro svago e l’assenza di precise indicazioni spinge implicitamente i Dreamer oltre i confini del classico contesto di gioco. Non si tratta più solamente di “Giocare”, ma di “Creare il Gioco”: sono i Dreamer, in autonomia o in collaborazione con gli altri, ad inventarsi veri e propri giochi utilizzando gli strumenti che noi mettiamo a loro disposizione. Anche in questi momenti hanno quindi l’occasione di sentirsi protagonisti, di stimolare l’immaginazione, la fantasia e la creatività senza freni.
Learn by Doing = Imparare a Sbagliare
In OFpassiON la cultura dell’errore è centrale. “Sporcandosi le mani” l’errore è inevitabile. Rispetto all’impronta educativa tradizionale, anche in questo caso, cerchiamo di applicare un approccio positivo e propositivo allo sbaglio. Voti bassi, X rosse e altri generi di simboli sovraccaricati di negatività non fanno parte del nostro corredo educativo. Chi sbaglia non viene esortato “a non farlo più”, ma viene accompagnato alla comprensione del suo errore senza giudizio alcuno. L’errore viene quindi alleggerito di tutto il carico di oppressione, senso di incapacità e di colpa che generalmente si porta dietro, e viene mostrato ai Dreamer per quello che è: un passaggio necessario per l’apprendimento e la crescita. E così si costruisce e si distrugge, si assembla e si smonta, si prova e si riprova ancora, in un continuo processo in cui successi e fallimenti si susseguono senza soluzione di continuità.
Si impara, quindi, a sbagliare alimentando quella che lo psicologo Albert Bandura chiama “autoefficacia”, ovvero una razionale fiducia in sé stessi, data dall’essere consapevoli dei propri mezzi ma anche di quelli ancora non “propri”, cioè quei mezzi che si dovranno acquisire per poter portare a termine con successo un qualsiasi compito per cui non si è ancora “pronti”.
Riferimenti Bibliografici:
- Thinking Fast and Slow – Daniel Kahneman
- Il Cervello. Istruzioni per l’uso – John Medina
- Self-Efficacy: The Exercise of Control – Albert Bandura